CAPPUCCI NERI
Due sagome a grandezza d’uomo, vestite di nero, una pesante croce di legno alla cintura, un lugubre cappuccio nero con i soli buchi per gli occhi, in tipico stile Ku Klux Klan… Questo, prima di ogni altra cosa, appariva allo sguardo di chi è entrato nell’antica chiesa della Badia di Santa Reparata durante il mese di settembre. Cos’era mai? Proprio davanti all’altare di San Sebastiano, un gruppo di donne del posto ha pensato bene di allestire una piccola esposizione di quello che ancora si conserva della Compagnia della Misericordia locale, per secoli operante nel territorio dell’abbazia vallombrosana. E le ampie vesti di lino nero, con i loro funebri cappucci, sono quelle autentiche che indossavano gli associati della Compagnia. In origine, sempre, quando soccorrevano i malati e i moribondi. In quel modo provavano a difendersi dal contagio delle tremende epidemie di peste e di colera che falcidiavano la gente senza pietà. Nello stesso tempo il cappuccio (la biffa, si chiamava in passato) manteneva nell’anonimato il volto del soccorritore. Era solo uno dei tanti fratelli della Compagnia, legato alla solenne promessa di accorrere in aiuto, al suono della campana dell’abbazia, lasciando senza indugio il lavoro o il riposo a qualunque ora del giorno e della notte. Due rintocchi brevi ravvicinati e uno lungo. La sequenza risuonava nella valle, ripetutamente.
Da secoli i monaci accoglievano i malati poveri. Curavano i loro mali coi rimedi della tradizione antica, mettevano all’opera il medico dell’abbazia, offrivano il sostegno spirituale della preghiera. E, forse, un primo addestramento dei soccorritori veniva impartito proprio da loro.
La più antica Confraternita di cui si ha notizia alla Badia è quella cinquecentesca del Santissimo Sacramento. Poi, in tempi più vicini a noi, ma sempre prima dell’unità d’Italia, nel 1855, quando già il monastero era stato soppresso, la Confraternita della Misericordia ebbe il suo primo statuto. Un’epidemia di colera aveva dato impulso all’organizzazione del soccorso. Attraverso i sentieri camminavano veloci i confratelli per raggiungere in fretta le case lontane dei contadini, anche di notte, con lucerne a mano. I vecchi del posto raccontano di come fu salvata una donna, nell’inverno del 1946, da morte sicura per un parto molto difficile. Era già caduta una scarpa di neve, quando il marito riuscì a raggiungere un fratello della Compagnia. Fu dato l’allarme. Con la neve a mezza gamba, su di una barella trasportata a mano, da un podere nei pressi di Gamogna la donna fu portata alla Badia e di qui all’ospedale di Marradi. Madre e figlio furono salvi.
Il Papa Francesco ha voluto chiamare il 2016 l’anno della Misericordia. Quassù, nella valle della Badia, questa parola ha ancora significato e memoria.
Livietta Galeotti Pedulli