C’è stato un tempo in cui i nostri cinque quadri della fine del Quattrocento si andava a vederli nella chiesa della Badia del Borgo, poco fuori di Marradi. Il parroco era orgoglioso di mostrarli. E ci credo! Non tutti i parroci di campagna hanno il privilegio di custodire delle pitture giunte a noi dal Rinascimento fiorentino!

Oggi quei quadri sono in paese, nella chiesa di San Lorenzo. Si è deciso che è meglio tenerli in un luogo meno appartato, coi tempi che corrono…

Molte volte, anzi quasi tutte le volte che passo davanti alla chiesa, vado a riguardarli. Così, tanto per fare un saluto alle opere d’arte più belle che abbiamo a Marradi. Sono attratta irresistibilmente da quelle immagini antiche, da quei colori smaglianti, dai misteri delle raffigurazioni…

Primo fra tutti, il mistero del pittore che li dipinse: il Maestro di Marradi. Chi sarà mai stato?

E poi, essendo una donna, mi viene spontaneo fissare più a lungo le figure e i volti femminili. Vorrei carpire i loro segreti, il messaggio che il pittore ha affidato ai loro occhi.

Guardo Reparata e Lucia, due Sante Vergini e Martiri. La seconda porta un nome ancora diffuso, la prima invece un nome che direi proprio sparito dalla circolazione.

Reparata è alta e altera. Il pittore l’ha messa a destra della Madonna, nella posizione più importante del gruppo, come è giusto, perché proprio a lei era dedicata la nostra antica Badia. E mentre la Madonna in trono china il capo con umiltà, presentandoci il bellissimo Figlio, il Bambino sovrano del mondo, Reparata apre bene gli occhi, in uno sguardo fermo e indocile, quasi sprezzante.

I tre Santi maschi che completano il gruppo sembrano tenersi a rispettosa distanza. Ma Reparata punta l’asta della sua bandiera crociata direttamente sulla predella del trono.

È giovane, una fanciulla gracile, bionda e bella, vestita di verde e ammantata di rosa. Nella mano destra tiene delicatamente un ramo di palma: il simbolo del suo martirio. Nelle antichissime leggende che narrano di lei, è una della tante che rifiutarono il matrimonio, e proprio questo rifiuto dovette pagarlo con la vita.

De Reparata, seu Margarita, Pelagius dicta”: racconta che la giovane, costretta alle nozze dai genitori, fugge dalla camera nuziale travestita da uomo e dopo drammatiche vicissitudini viene sottoposta a svariate sadiche torture, per finire morta sotto un colpo di clava.

Ci vorrebbe la fantasia visionaria di Quentin Tarantino per rendere l’idea della violenza e della crudeltà di queste persecuzioni.

E Lucia? Nella leggenda rifiuta l’uomo a cui era promessa. Si leva da sola gli occhi per non guardarlo in faccia: un atto di orgoglio intollerabile. Ed ecco che lui la denuncia al giudice come cristiana.

Siamo ai tempi dell’Imperatore Diocleziano e per i cristiani non tira aria buona. Il giudice la fa legare a una coppia di buoi che la trascinano in un bordello, in dispregio alla sua scelta di respingere il pretendente. Lì viene irrorata di olio e pece, pugnalata al collo e infine bruciata.

L’accanimento delle torture fa pensare a perversioni innominabili.

IL Maestro di Marradi la dipinge col pugnale ancora infisso nel collo e gli occhi esposti su di un vassoio.Il suo sguardo, duro e penetrante nell’ovale purissimo del viso, ci interroga. Vi leggo un dolore trattenuto, un muto rimprovero.

Consapevolezza di un destino che non dà scampo?

Si sa che è il popolo per primo a riconoscere i suoi Santi. A Lucia fu dato il patronato sulla luce. Nella lunga notte dei mesi freddi, i popoli del Nord Europa la vedono incoronata di luci portare agli uomini la fine dell’angoscia del buio invernale.

Livietta Galeotti Pedulli